• GEEG la startup nata per unire ingegneria civile e ambientale. Ricerca, innovazione e impatto nella progettazione di opere con procedure sperimentali. Intervista al Team di progetto.

GEEG la startup nata per unire ingegneria civile e ambientale. Ricerca, innovazione e impatto nella progettazione di opere con procedure sperimentali. Intervista al Team di progetto.

27 giugno 2024

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Nel panorama delle startup italiane, spicca GEEG, una realtà nata sei anni fa presso Sapienza Università di Roma. Fondata da un gruppo di sette soci, GEEG è rapidamente cresciuta affermandosi come una delle realtà più dinamiche nel campo della ricerca sperimentale sugli scavi meccanizzati di gallerie. Ad aprile, GEEG è risultata la startup più visualizzata della piattaforma KS, un risultato che riflette il crescente interesse e riconoscimento per il loro lavoro innovativo.

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GEEG si distingue per la sua combinazione unica di competenze geotecniche e chimiche, focalizzandosi sulla caratterizzazione dal punto di vista tecnico e ambientale delle terre e rocce da scavo e dei prodotti chimici utilizzati per lo scavo in TBM (Tunnel Boring Machines). La startup collabora con imprese di ingegneria civile e ambientale, progettisti e produttori di additivi, offrendo soluzioni avanzate e sostenibili. Il loro approccio integrato, che unisce ricerca accademica e applicazione pratica, rappresenta un unicum nel settore in Italia e pone GEEG come un pioniere nella ricerca di soluzioni nel panorama del mondo in sotterraneo in Italia per la sostenibilità ambientale.

In questa intervista, alcuni membri del team ci raccontano il percorso di GEEG, le sfide affrontate e le opportunità future. Scopriamo come questa giovane azienda riesce a combinare l'esperienza sul campo con una profonda conoscenza scientifica, portando avanti progetti di ricerca e sviluppando soluzioni sostenibili che possono rivoluzionare il settore degli scavi meccanizzati e oltre.

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Vi va di introdurre brevemente GEEG?

Anita Di Giulio Fondatore e Ingegnere Ambientale - GEEG è una startup di Sapienza Università di Roma. Siamo nati 6 anni fa e abbiamo fondato la startup dopo esserci conosciuti in Facoltà per diversi motivi. Siamo partiti in 7 soci e poi piano piano siamo cresciuti sia a livello di attività sia come gruppo di lavoro.

Ci occupiamo principalmente di ricerca sperimentale su vari aspetti dello scavo meccanizzato di gallerie con TBM e il “core” della nostra società è l’unione tra geotecnica e chimica. Possiamo dire che dove c’è interazione tra terreno, roccia, cemento e prodotti chimici ci troviamo nella nostra zona di comfort. Siamo ingegneri geotecnici e chimici, quindi ci muoviamo su una base solida per operare in questi campi.

In particolare, le nostre attività riguardano il riutilizzo delle terre e rocce prodotte durante lo scavo, il condizionamento dei terreni con EPB (Earth Pressure Balance), i fluidi di perforazione e le malte da backfilling.

Vi rapportate soprattutto con corporate nell’ambito dell’Ingegneria Civile e Ambientale. In che modo i servizi di GEEG possono essere delle soluzioni innovative e sperimentali nel campo della sostenibilità?

Anita Di Giulio - I nostri processi sono sostenibili in termini di tempi e costi: secondo me la startup riesce a fare ricerca in maniera “efficace”, potendo agire liberamente dove l’Università o l’Ente pubblico incontrano una serie di ostacoli burocratici. Pensiamo alle richieste per reperire materiali e strumentazione… possono veramente essere necessari tempi molto lunghi rispetto alle necessità del cliente. Ovviamente non parlo della ricerca di base ma di quella applicata, per noi è importantissima perché parte tutto da lì, non solo perché siamo una startup di Sapienza. C’è un discorso di forma mentis, di passione per il laboratorio. Quindi sicuramente ci viene facile “immaginare” un progetto di ricerca e portarlo avanti.

Sul tema della sostenibilità ambientale, dal punto di vista dell’ingegneria civile c’è ancora tanto da fare anche se non è un tema nuovo. Sono quasi vent’anni che si sanno certe cose…delle emissioni di CO2 dovute alla produzione di cemento, per citarne una. Le soluzioni progettuali per arrivare a certi obiettivi di sostenibilità non sono ancora così consolidate, a volte anche per un discorso normativo. Spesso la ricerca va più veloce della norma. Quindi bisogna lavorare non solo su materiali e procedure innovativi ma anche sugli standard per usarli in sicurezza. Il lavoro da fare c’è e chiaramente noi - vivendo in questo contesto misto, tra pubblico e privato – possiamo essere reattivi nel proporre o applicare criteri di sostenibilità.

Dalle vostre parole e dai vostri background l’aspetto della ricerca mi sembra ben radicato da tempo. Come è stato invece l’approccio all’aspetto più imprenditoriale della vostra attività? Avete iniziato un nuovo capitolo o qualcuno di voi ne era già in qualche modo protagonista?

Anita Di Giulio – Il nostro Amministratore Delegato è sicuramente quello tra noi che più si sobbarca dell’aspetto imprenditoriale. Ma anche lui, come noi, ha dovuto imparare e crescere . Ci stiamo comunque approcciando tutti con grande sforzo al management della società, proprio perché ci teniamo a portarlo avanti con criterio. Per agire al meglio ci siamo anche affidati a delle consulenze esterne, che abbiamo richiesto proprio perché nessuno di noi ha questo tipo di background.

GEEG si distingue per la sinergia tra l'esperienza in cantiere e la profonda conoscenza del laboratorio, quali sono le sfide quotidiane che il vostro Team affronta in laboratorio ogni giorno?

Andrea DI Biase, Fondatore e Tecnico di Laboratorio - Rispetto a tutti i miei colleghi io ho un percorso leggermente diverso. Mi occupo della parte pratica di GEEG e coordino le attività di laboratorio.

C’è un lavoro di insieme tra cantiere e laboratorio ma quello in laboratorio è più semplice, considerando alcuni punti di vista. Abbiamo molte più possibilità di provare, sbagliare e riparare. Possiamo studiare e sviluppare meglio i dettagli anche con strumenti e macchine che in cantiere non si hanno a disposizione.

C'è da dire anche che il cantiere è la prova del nove perché è dove verifichi i risultati. Quando vediamo ciò che abbiamo ipotizzato o sviluppato in laboratorio avere riscontri effettivi in cantiere è davvero molto utile sia proseguire la ricerca che per correggere il tiro se serve.

Come vi state approcciando ai possibili stakeholder dei servizi che proponete? Vi confrontate anche con realtà come PMI o piccole imprese oltre che corporate? E che tipo di riscontro state ricevendo?

Anita Di Giulio – Il mondo delle gallerie è abbastanza piccolo. I player non sono tantissimi. Noi possiamo fare tanto e dobbiamo fare tanto nel contesto internazionale, ma mi sembra che a livello nazionale siamo ormai abbastanza conosciuti.

Noi come startup abbiamo il vantaggio sul mercato di avere quest’anima geotecnica – per poter affrontare lo scavo dal punto di vista tecnico – ma anche chimica e ambientale, più di verifica dell'impatto di ciò che viene fatto. Queste attività sono portate avanti generalmente da soggetti e laboratori diversi. In questo caso noi ci distinguiamo perché i clienti riescono a trovare il modo per gestire aspetti diversi con un unico interlocutore.

Abbiamo iniziato con degli ingaggi piccoli, quasi da passaparola, che poi sono diventati degli accordi pluriennali che adesso ci aggiudicano una serie di attività che riguardano il nostro ambito di competenze.

Quale è il vostro business model?

Anita Di Giulio – Lavoriamo soprattutto per le imprese e le società di progettazione che realizzano progetti di gallerie, ma anche per i produttori degli additivi usati durante lo scavo. In questi 6 anni ci siamo fatti conoscere nel mercato italiano, quello che adesso stiamo facendo è guardare al contesto internazionale.

Abbiamo già in essere dei progetti all’estero ma che ci vengono solitamente commissionati da società italiane che li gestiscono fuori dal territorio nazionale. È una cosa molto positiva ma è diverso dall’avere a portfolio una clientela completamente estera. Abbiamo ancora molto da lavorare su questo.

Molti sono i progetti di ricerca che portate avanti da anni, quali sono le sfide e le opportunità principali che la ricerca può affrontare per promuovere la sostenibilità in questo settore?

Irene Bavasso, Fondatore e Ingegnere Chimico – In GEEG la ricerca è finalizzata a trovare soluzioni concrete e spesso in tempi rapidissimi per far fronte a problematiche di progetto e di cantiere. Ma ci piace portare avanti anche quella ricerca che nasce dallo studio di qualcosa di ancora inesplorato. Siamo nati e viviamo in un contesto universitario per cui possiamo dire che il tema della ricerca è da sempre parte integrante della nostra professione sebbene partendo da approcci e temi differenti per via delle specializzazioni di ognuno di noi nell’ambito dell’ingegneria civile, chimica e ambientale. GEEG ci ha dato la possibilità di far confluire tutte le diverse competenze in un’unica visione che pone la sostenibilità al centro dei nostri scopi. La sostenibilità è sicuramente la nostra prima mission: cerchiamo di trovare soluzioni che siano ambientalmente, ma anche economicamente, sostenibili sia per rispondere ai requisiti di progetto imposti in materia di impatto ambientale a livello nazionale ma soprattutto per dare il nostro contributo attivo all’urgenza di una transizione tecnologica, progettuale e di pensiero più green.

Avete recentemente lanciato TERRA TERRA - Down to Earth, un progetto editoriale che declina la mission di GEEG nella comunicazione e disseminazione scientifica. Qual è il valore aggiunto che una startup può dare a questo contesto?

Anita Di Giulio – Il podcast è un progetto di divulgazione scientifica che si rivolge a un pubblico di non esperti nel settore. Diciamo che Federica Angelucci ed Eleonora Russo – Responsabili della Comunicazione per GEEG - hanno creato questo format proprio per loro stesse! Ironia a parte, il podcast è frutto del loro grande impegno, che hanno saputo aggiungere ai temi dell’ingegneria una nota divertente, “pop” e professionale allo stesso tempo.

Tutti teniamo molto a questo progetto e lo possiamo fare perché siamo liberi. Non abbiamo una sovrastruttura da azienda o una direzione a cui rendere conto delle cose che vogliamo dire quindi possiamo condividere i messaggi che meglio crediamo. Il valore aggiunto che la startup può dare in questo contesto è indubbiamente la libertà di espressione.

Eleonora Russo, Responsabile Comunicazione di GEEG - TERRA TERRA nasce dal desiderio di comunicare il mondo dell’underground a persone che non appartengono a questo settore. Quando viaggiamo e attraversiamo gallerie, o semplicemente prendiamo la metro che ci porta a lavoro, raramente ci chiediamo cosa accade in quel mondo "nascosto". Durante il nostro percorso, abbiamo incontrato persone davvero incredibili, che con passione hanno condiviso le loro esperienze personali maturate durante gli anni passati in cantiere e non solo. Ad esempio, la prima edizione del podcast l'abbiamo dedicata a Santa Barbara, conosciuta come la protettrice dei Vigili del Fuoco, ma anche di galleristi e minatori, quindi più in generale di tutti quei corpi che svolgono lavori molto pericolosi legati ad ambienti ostili o disastri naturali, e abbiamo raccolto dei racconti e aneddoti meravigliosi legati appunto al culto di questa santa.

Ad esempio, non molti anni fa ci raccontavano che nelle gallerie si contavano i morti a chilometri scavati. Quindi era veramente pericoloso e avere l’opportunità di avvicinarsi a queste storie è davvero interessante, arricchente e affascinante.

Per la seconda stagione abbiamo pensato a delle puntate dedicate a diversi materiali (bentonite, cemento, tensioattivi…) e a due puntate speciali sulla donna nell’Ingegneria. Ma non faremo altri spoiler!

Scenario e panorama – GEEG affianca le grandi corporate di ingegneria, tecnologia e produzione di materiali nei processi di progettazione, ricerca e analisi. Quale è lo scenario attuale in Italia nel campo di questo tipo di affiancamento e consulenza nel settore? Si tratta di un terreno già esplorato o possiamo considerarvi dei pionieri?

Salvatore Miliziano - Fondatore e Supervisore Scientifico di GEEG, Professore associato di Geotecnica presso la Facoltà di Ingegneria della Sapienza Università di Roma - L'idea di GEEG nasce quasi una decina di anni fa, un po’ per caso, per un interesse che accomuna me e Diego Sebastiani, attuale Amministratore Delegato di GEEG, che è stato mio studente della facoltà di LM di Ingegneria Civile con indirizzo geotecnico.

Lui grande appassionato di talpe meccaniche e cantieri, in quegli anni si stavano scavando le gallerie di alcune linee metropolitane di Milano, Così, grazie anche a delle conoscenze ho potuto mandarlo sul campo per qualche tempo. La sua passione si è alimentata ancora di più e abbiamo approfondito il tema subito dopo la Laurea con un contratto di ricerca con la Sapienza.

Nell’ambito di questo contratto abbiamo sia acquistato una macchina per la produzione di schiume per condizionare lo scavo meccanizzato, sia abbiamo iniziato a fare sperimentazione. Questa fase iniziale ci ha portato ad avere contatti con Giorgio Vilardi, oggi anche lui in GEEG, per la parte chimica e con il quale abbiamo iniziato ad analizzare le terre e i terreni dei luoghi in cui si andava ad operare. Così da definire il giusto approccio dello scavo.

Abbiamo quindi capito l’importanza di fondere geotecnica con ingegneria e chimica. Così Giorgio ha coinvolto anche il Prof. Luca Di Palma (Fondatore e supervisore scientifico di GEEG, Professore associato di Tecnologia dei Materiali e Chimica Applicata e di Processi di trattamento dei reflui liquidi presso la Facoltà di Ingegneria della Sapienza) e da qui è nato tutto.

Nel 2018 viene fondata GEEG insieme a me, Diego Sebastiani, Giorgio Vilardi, Luca Di Palma, Anita di Giulio e Andrea Di Biase con l’obiettivo di rendere più facile lo scavo delle gallerie nel rispetto dell’ambiente abbattendo il più possibile i costi. Ad oggi il Team è cresciuto e conta 16 persone e insieme all’aspetto tecnico e di ricerca c’è ovviamente la volontà e l’impegno di espandersi, fare divulgazione scientifica e comunicativa mettendoci tanta testa e tanto cuore ed è questo a renderci un unicum in Italia.

Se nel modello italiano siete dei pionieri, all’estero ci sono modelli di riferimento o potete esserne anche in quel contesto dei precursori?

Salvatore Miliziano - Che io sappia, di strutture che si occupano del nostro settore e nel modo in cui lo facciamo noi non ce ne sono. Ci sono realtà che si occupano di condizionamento, fanghi, verifiche ambientali e altro ma a mia conoscenza non c’è una realtà analoga. Certo, nella nostra idea di sviluppo cerchiamo di esportare il nostro modello all’estero. Attualmente abbiamo contatti in Francia per esempio.

Uno degli obiettivi di GEEG è quello di diventare un punto di riferimento in ambito internazionale, quali sono le sfide e le opportunità principali nei progetti europei a cui partecipate e quali specifici progetti europei avete trovato particolarmente significativi per diventare un punto di riferimento internazionale nel settore?

Giorgio Vilardi - Fondatore di GEEG e RTDB presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica nel settore Impianti Chimici - Dal punto di vista dell’internazionalizzazione GEEG lavora già con player internazionali, non con gli stessi numeri del portfolio nazionale. Abbiamo lavorato in Cile, Australia e Turchia dove i nostri studi di ricerca hanno dato valore aggiunto a grandi lavori nel mondo.

Rispetto proprio al valore aggiunto che possiamo portare nei progetti europei, devo dire che c’è stato un bel percorso. Il primo risale ancora a quando GEEG non esisteva, o meglio, stava per essere creata. Si tratta del Progetto EcoGrid che all’epoca non venne finanziato ma per cui ricevemmo una valutazione positiva. Quest’anno ci ripresenteremo con gli stessi partner del 2017 e del 2018.

Lo scorso anno invece abbiamo vinto un progetto europeo Erasmus Plus con la DTU, l’Università Tecnica della Danimarca, con Dipartimento di ingegneria geotecnica

Saremo tre partner: Sapienza (DICMA), la DTU e GEEG come capofila. In questo progetto organizzeremo un corso di formazione per tecnici di laboratorio per l'impiego di materiali innovativi e sostenibili per le operazioni di consolidamento del terreno nell’ambito dell’Ingegneria Civile.

L’attività prevede un cappello teorico sull’interpretazione dei risultati in laboratorio e sul campo. Il corso sarà blended - così che una prima parte possa essere seguita simultaneamente dai partecipanti sia dalla Danimarca che dall’Italia - e poi successivamente proseguirà con una seconda parte pratica in presenza. La prima parte del corso si terrà dal termine del 2024 e inizio del 2025. Il corso è aperto ai 10 candidati che verranno selezionati da una call che partirà a breve.

Per poter partecipare è necessario solo il diploma di scuola superiore. Di fatto la selezione prevede di valutare le candidature che arrivano sia dall’Italia che dalla Danimarca con una particolare attenzione per quei profili che provengono da famiglie di immigrati di seconda generazione e coloro che provengono da zone attualmente in guerra. Questo permette di avere una maggiore integrazione sociale ma anche lavorativa perché il corso ti permette di acquisire competenze che possono essere messe in pratica nell’immediato. Il programma non è prettamente universitario ma ha lo scopo di formare un tecnico pronto per il mercato del lavoro.

A fine anno scorso abbiamo partecipato ad un altro Bando Europeo insieme a Fondazione Libellula, associazione italiana che si occupa della parità di genere e diritti delle donne con avvicinamento alle discipline STEM – insieme con un partner greco e uno danese (nuovamente DTU). Conosceremo l’esito tra un mese e, se verrà finanziato, il progetto si focalizzerà sulla figura femminile nel contesto dell’Ingegneria Civile e in particolare quello degli scavi che è ancora un mondo molto spostato sulla figura maschile. Il nostro scopo è anche quello di dimostrare con testimonianze reali che il mondo dello scavo è aperto a entrambi i sessi.

Sempre con GEEG capofila stiamo per partecipare ad un terzo Erasmus Plus. I centri di Ricerca di Novi Sad in Serbia, dell’Università di Valladolid in Spagna e Sapienza (DICMA) tenteranno di creare un corso per la figura femminile – dai 18 ai 25 anni – per incrementare la percentuale delle donne nelle discipline STEM, con GEEG nuovamente capofila. Soprattutto in paesi come Italia, Serbia e Spagna tale attività potrebbe essere di rilievo, dato che si tratta di Paesi in cui si percepisce ancora questa lontananza della donna da questi ambiti di formazione universitaria.

Vorremmo quindi realizzare questo nuovo corso, arricchito da testimonianze dirette delle mie colleghe e mie personali, per offrire un confronto concreto su come si sviluppano e si mantengono sinergie nel mondo del lavoro tra colleghi, sia uomini che donne.

Stiamo preparando anche un Horizon con Sapienza capofila, con 11 partner di cui 3 industriali (fra cui GEEG) e 8 universitari per una quasi totale copertura del territorio europeo. Abbiamo Italia, Spagna, Serbia, Svezia, Grecia, Danimarca, Scozia e Francia. La compagine è abbastanza ampia ma si tratta di un progetto enorme di circa di 3,5 milioni di euro. È un progetto che si incentra sulla decarbonizzazione del processo di produzione del cemento. Andremo a catturare e convertire il diossido di carbonio dei cementifici per poi progettare su una scala pilota l’impianto di bioconversione e passare quindi alla fase di scale up. Lo scopo è trasformare il diossido in combustibili e materiali sostenibili per sostituire il carbonato di calcio che è utilizzata per la produzione di cemento e malte. Questo avrà sicuramente un impatto sulla riduzione delle emissioni legate all’approvvigionamento del carbonato di calcio naturale.

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